1970
Novembre 14, 2017
1972
Novembre 14, 2017

Con la registrazione del nuovo stato del Bangla Desh nel marzo 1971, si conclude un lavoro in progress avviato nel 1967: la raccolta di carte geopolitiche. L’opera finale, intitolata Dodici forme dal 10 giugno 1967, realizzata in lastre di rame, incise sul modello del ricalco su carta, viene esposta alla Galleria Sperone nell’estate. In autunno uscirà un’edizione cartacea.

Ritratto di Giovan Battista Boetti. 1743-1794

Ritratto di Giovan Battista Boetti. 1743-1794

Nel frattempo, a fine marzo AB parte per l’Afghanistan dove rimane alcune settimane. Questo sarà l’inizio di un rituale di due soggiorni all’anno fino al 1979.

La scelta dell’Afghanistan ha varie spiegazioni convergenti. Una riguarda un antenato: il domenicano Giovanni Battista Boetti (nato in Monferrato a Piazzano nel 1743) fu inviato a Mossul a capo della Missione Evangelica d’Asia Minore. Successivamente convertitosi all’esoterismo islamico persiano, il sufismo, e considerato “rinnegato” dalla Chiesa romana, divenne sotto il nome di Profeta Mansur uno degli eroi della resistenza contro l’imperialismo zarista in Caucaso, dall’Armenia alla Cecenia. A due secoli di distanza, emergono straordinari parallelismi tra i due Boetti, sia per via dello sdoppiamento identitario sia per il contesto geopolitico.

In effetti due mesi prima della partenza per l’Afghanistan, AB ha duplicato l’unico ritratto esistente di Giovanni Battista Boetti, vestito da giovane domenicano, e l’ha inserito nel catalogo della mostra collettiva “Formulation” (Addison Gallery of Ameri- can Art, Andover) accanto a un altro “autoritratto indiretto”: il suo profilo molto pop, in legno sagomato, dipinto nel 1970 dal pittore torinese Pietro Gallina che l’artista amava esporre nelle mostre tra le sue opere. AB fornisce altre possibili motivazioni:

Il mio interesse per le cose lontane non è stato realmente determinato quando sono diventato artista. Io consideravo il viaggio da un punto di vista strettamente personale, edonista. L’elemento principale di quest’attrazione era del resto molto preciso: mi affascinava il deserto, e non soltanto il deserto naturale. In una casa afghana per esempio non c’è niente: non un mobile e dunque nessun oggetto che si mette abitualmente sui mobili (…) Ciò che mi attirava di più era l’azzeramento, la civiltà del deserto. L’Afghanistan è un paese di montagne i cui villaggi sono costruiti sui fianchi montuosi, per non sprecare le terre fertili della vallata. Niente è aggiunto al paesaggio: si spostano le rocce e si utilizzano per costruire le case-cubo, come negli acquarelli di Paul Klee, poi si pota un albero per fare la struttura portante”.

A Kabul, fa ricamare due quadrati di stoffa, con due date, 11 luglio 2023 – 16 dicembre 2040, il dittico precedentemente realizzato in due versioni, in legno laccato e poi in ottone.
È l’inizio dei lavori affidati a ricamatrici afghane. Tornato in Italia, a maggio esporrà il dittico nella versione in ottone, in “Arte Povera – 13 artisti italiani”, collettiva tenutasi al Kunstverein di Monaco. Nel catalogo AB chiede (invano) di sostituire le quattro pagine a sua disposizione con un unico foglio bianco di carta industriale, dal peso equivalente, con stampato soltanto il suo nome.

One Hotel, a Kabul - courtesy Archivio Alighiero Boetti

One Hotel, a Kabul – courtesy Archivio Alighiero Boetti

Intanto, spedendo il 4 maggio un primo telegramma (“2 giorni fa era il 2 maggio 1971”) avvia un lavoro essenziale: la sequenza di telegrammi che formeranno Serie di merli disposti a intervalli regolari lungo gli spalti di una muraglia. La regola assunta è quella del raddoppio dell’intervallo di tempo rispetto alla data iniziale di riferimento (2, 4, 8, 16…). AB predispone da subito la bacheca che potrà contenere il massimo numero di telegrammi spedibili nell’arco della sua esistenza. Il quattordicesimo e ultimo sarebbe stato inviato dall’artista nel 2017, all’età di settantasette anni. Nella “muraglia” rimane vuoto lo spazio dell’ultimo “merlo”.

Alla fine dell’estate, nella mostra curata da Achille Bonito Oliva per il “Festival Internazionale del Teatro, Persona” di Belgrado, Boetti rinnova la sua performance della scritta murale con le due mani.

In settembre, AB riparte per Kabul portando con sé alcune pezze di lino, sulle quali è stato disegnato, tramite proiezione fotografica, il mappamondo, colorato secondo le bandiere nazionali (come nel precedente lavoro cartaceo, Planisfero politico del ‘69). Le giovani ricamatrici della prestigiosa scuola reale impiegano un anno intero per ultimare la grande Mappa, sei mesi per quelle di dimensioni minori. Altre Mappe sono parallelamente affidate ad una famiglia nel villaggio di Istalif. Ma il lavoro preparatorio al ricamo si svolge e si svolgerà sempre in Italia. Ogni minimo dettaglio è predisposto: il disegno dei continenti e dei confini degli Stati; le forme ed i colori delle bandiere; l’aggiornamento nel corso degli anni dei confini nazionali e delle stesse bandiere a secondo delle mutazioni politiche; persino la variazione delle regole di proiezione della curvatura terrestre. Le Mappe, per via di tutti questi dati in continua evoluzione e per il racconto sempre diverso scritto nel bordo, sono “auto-datate”.

Ai lavori postali con francobolli italiani, si aggiungono i primi con francobolli dall’Afghanistan.

Durante lo stesso soggiorno afghano nasce a Kabul “One Hotel”, un villino con giardino, affittato nel quartiere residenziale Sharanaw, con l’indirizzo preciso: Zarghouna Maidan. Un’iniziativa del genere era assai facile sotto la monarchia di Zair Shah. La gestione viene affidata alla vocazione alberghiera del giovane Gholam Dastaghir. Le sorti dell’albergo sono state quelle del paese, dovette chiudere dopo pochi anni, ben prima dell’ufficiale occupazione sovietica.

Alighiero Boetti con dei musicisti al One Hotel a Kabul nel 1971 - courtesy Archivio Alighiero Boetti

Alighiero Boetti con dei musicisti al One Hotel a Kabul nel 1971 – courtesy Archivio Alighiero Boetti

Al rientro dall’Afghanistan, il 24 settembre, AB espone alla Biennale di Parigi, nella sezione italiana affidata alla cura di A. Bonito Oliva. A chiusura della mostra parigina, le stesse opere (Lampada annuale, Viaggi postali, Dossier postale e Dodici forme dal 10 giugno 1967) sono esposte a Roma presso gli Incontri Internazionali dell’Arte, nella collettiva “Informazioni sulla presenza italiana”.

Nello stesso periodo AB inizia a “tratteggiare” certe scritte a biro blu su cartone bianco che giocano con il suo nome e la sua identità: AB, ALIGHIERO BOETTI MADE IN ITALY, ABEEGHIIILOORTT, AELLEI- GIACCAIEERREOBIOETITII.

Infine l’artista comincia a spezzare la propria identità in Alighiero “e” Boetti, assumendo gli equivoci creati dalla sua fotografia gemellata del ’68. Da diverse dichiarazioni risulta che la decisione è stata per lui una vera e propria operazione concettuale: “Ho sempre lavorato sulla metà e il doppio, e l’unità mancante – che quella non c’è mai. Questo meccanismo l’ho usato in parecchi lavori, anche un lavoro come il mio nome e il mio cognome dove si mette una ‘e’ di mezzo (…). Diventano due persone, linguisticamente e non solo: proprio reali visto che alcuni pensano veramente che io abbia un gemello – ed è proprio vero”.

Ordine e disordine nasce nel corso del 1971 come quadratura di linguaggio. Ma rispetto alla quadratura di 1970, di ghisa e di pizzo, la veste materica è diversa: l’opera si forma in negativo, il colore viene spruzzato sulla superficie e filtrato dalla mascherina recante la scritta. Oltre alla composizione formale di sedici lettere, è il concetto stesso veicolato dalle due parole a essere di fondamentale importanza nel pensiero dell’artista:“Ho lavorato molto sul concetto di ordine e disordine, disordinando l’ordine o mettendo ordine in certi disordini, oppure presentando un disordine visivo che fosse invece la rappresentazione di un ordine mentale. Io penso che ogni cosa contenga il suo contrario, occorre cercare sempre l’uno nell’altro: l’ordine nel disordine, il naturale nell’artificiale, l’ombra nella luce e vice-versa”.

i 99 Dossier Postali terminati a Milano nel 1971, foto di Giorgio Colombo

i 99 Dossier Postali terminati a Milano nel 1971, foto di Giorgio Colombo