Nel febbraio del 1992 nasce il terzo figlio, Giordano.

AB con Giordano, 1992 - courtesy Caterina Raganelli Boetti

AB con Giordano, 1992 – courtesy Caterina Raganelli Boetti

11 febbraio, alla Galleria Franck + Schulte di Berlino si inaugura una personale di sedici lavori divisi tra opere su carta, biro e ricami. La Mappa esposta, del ’78, reca sul bordo “a Kabul regna il caos”.
A proposito di quel lontano “caos” precedente all’invasione sovietica e di fronte alla guerra civile nell’Afghanistan post sovietico, AB espone in una conversazione a Parigi con Nicolas Bourriad il suo disincanto e la sua straordinaria preveggenza circa il fondamentalismo talebano: “La forza di resistenza che gli Afghani oppongono alla nostra civiltà mi ha sempre stupito: nulla cambia mai. Ciononostante spero che Massoud andrà al potere. Il suo antagonista, Makhtiar, porta il turbante nero, quello di Khomeiny… e sappiamo troppo bene su che cosa aveva gradualmente costruito il proprio potere a partire dal 72/73: lo Shah aveva imposto al popolo iraniano un’occidentalizzazione ad oltranza, ridicola. Ricordo le puttane in minigonne a Teheran, Warhol aveva fatto il ritratto di Farah Diba… In Afghanistan è successo qualcosa di simile, ma è durato poco. Uno dei figli del re aveva persino aperto un night club nel quartiere delle ambasciate a Kabul, si chiamava “24 hours”. Ma ha chiuso nel giro di quattro mesi. Il problema è che nessuno ha saputo imporsi da moderato, da un lato come dall’altro”.

Da Peshawar tornano i dieci grandi arazzi ricamati su disegno a quattro mani di Boetti e Paladino: verranno esposti in diverse sedi, nella Galleria di Emilio Mazzoli a Modena, a Toronto nell’Istituto Italiano di Cultura, a Montreal nel Centro Internazionale di Arte Contemporanea e infine, tra dicembre e gennaio del ’95, al FRAC di Lille. Nel frattempo, il 25 settembre, presso la Galerie Leccese-Spruth di Colonia, viene riproposto il gruppo di cinquantuno arazzi con le poesie di Sufi Barang, esposti alla mostra “Les Magiciens de la Terre” l’anno precedente.

Boetti con il Maestro Azam, 1992 - courtesy Caterina Raganelli Boetti

Boetti con il Maestro Azam, 1992 – courtesy Caterina Raganelli Boetti

Il 28 settembre si inaugura al Kunstverein di Bonn l’importante personale a cura di Annelie Pohlen che proseguirà in altre due sedi, Münster e Lucerna. Il titolo è quello di un saggio di Gustav Jung, la Sincronicità come principio non-causale di eventi, e viene scelto da AB sia per il suo contenuto vicino al tema prediletto delle “felici coincidenze”, sia per la sua iscrizione (in tedesco quarantanove lettere) in un quadrato magico di 7 x 7. Il sottotitolo è “Alighiero e Boetti 1965-1991”. Anche l’invito della mostra offre la citazione tedesca in oro su fondo rosso, messa al quadrato.
Per l’occasione, AB esegue nuovamente Panettone (l’originale era andato distrutto) e una seconda versione di Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969. Il catalogo è un esperimento molto vivace: AB stesso chiede a un gruppo di critici di scrivere ciascuno su un’opera. Oltre al saggio introduttivo della curatrice, si susseguono dunque trentacinque interventi, redatti appositamente per l’esposizione.

Tra le innumerevoli collettive, spiccano tre mostre all’estero: due in Francia a giugno (“A visage ouvert” presso la Fondazione Cartier a Jouy en Josas e “La collection Christian Stein, un regard sur l’art italien” al Nouveau Musée di Villeurbanne); una a Osaka in ottobre (“Arte povera” presso la Kodama gallery).

Alighiero Boetti, 1992

Alighiero Boetti, 1992

In prospettiva della mostra al Magasin di Grenoble, prevista per la fine del ’93, AB affronta già, insieme ad Adelina von Furstenberg, direttrice del Centre d’Art, la realizzazione di cinquanta khilim disegnati seconda la regola di Alternando da 1 a 100 e vice versa. A partire dal settembre ’92, sulla base di “griglie” fornite dallo studio Boetti, cinquanta cartoni vengono disegnati dagli studenti di trenta scuole di belle arti in Francia e da una ventina di amici o parenti; successivamente gli assistenti a Roma trasferiranno questi disegni in scala definitiva (200 x 200 cm) per i venti tessitori in Pakistan che vi lavoreranno dall’inizio del ’93. A proposito dei cinquanta khilim, Salerno scriverà: “un disegno che parte da Roma, va in Francia e circola in una trentina di città, torna a Roma, parte per Peshawar Pakistan e infine si concentra a Grenoble, percorre la stessa distanza che divide Oslo dallo Stretto di Bering in linea retta lungo il 60° parallelo, cioè tutta l’Asia”.

AB in Pakistan - foto di Caterina Raganelli Boetti

AB in Pakistan – foto di Caterina Raganelli Boetti

AB si reca a Peshawar per incontrare il maestro tappetaio Azam. Fa anche un viaggio in quella “regione dell’anima”, come ricorda Caterina che lo accompagnava, tra le montagne di cui non conosceva finora il versante pakistano: fu “l’ultima meta visitata, la regione del Rakaposhi (7788 metri) nel sistema montuoso del Korakorum che, proseguendo l’Himalaya verso ovest, si connette con la catena dell’Hindu Kush in Afghanistan”.

AB si fa fotografare da Caterina in un moto panteistico, in cui l’apertura delle braccia accompagna i pendii della montagna mentre la testa, al centro, corrisponde a una cima nevosa.

In vista della stessa mostra, vengono parallelamente affidati alle ricamatrici afghane di Peshawar i cento piccoli quadrati multicolori De bouche à oreille, che daranno il titolo alla mostra nella sua globalità.

Terzo capitolo del progetto: AB programma un immenso Lavoro postale basato su una progressione numerica che va da una busta con un francobollo fino a 506 buste con 39976 francobolli. Le buste contengono dei disegni e tutti i 506 disegni verranno esposti accanto alle buste. L’insieme costituisce un immenso “carnet de voyage”, fatto di plichi che davvero hanno viaggiatoattraverso la Francia per settimane con la collaborazione del Ministère des Postes, percorrendo anche, come i disegni preparatori dei khilim, più di uno spostamento tra Francia e Italia per convergere alla fine su Grenoble.

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